23 settembre 2007

Yom Kippur

Vi confesso che ero tentato di lasciare bianco questo spazio, scrivendo solo il titolo del post, per cogliere davvero l'essenza di Yom Kippur, una delle più importanti feste ebraiche. Nessuna parola per descrivere come il mondo qui si paralizzi per ventiquattro ore, per cogliere il silenzio che regnava ieri in città. Yom Kippur è un momento per riflettere sulle proprie azioni durante l'anno appena trascorso e chiedere perdono per i propri errori. Colgo quindi l'occasione per chiedere scusa a tutte le persone che durante quest'anno hanno sopportato la mia proverbiale scarsa puntualità, che hanno convissuto con il mio egoismo e la mia eterna indecisione, che hanno deciso di non allontanarmi da loro nonostante la mia pigrizia e la mia poca determinazione. Mi scuso ovviamente anche per i post troppo prolissi di questo blog, alle volte davvero troppo lunghi (e noiosi?) per essere apprezzati (per una volta non si tratta di captatio benevolentiae). Insomma, mi scuso un po' per tutto.

Concludo citando Bradley Burston, un giornalista che su Ha'aretz tiene una rubrica di opinione chiamata "A Special Place in Hell", che ho cominciato a leggere con discreta regolarità.

"It is Yom Kippur. It is time to lay anger aside. It is time [...] to shelve slander, scorn, ridicule, and baseless hatred.

It is Yom Kippur. [...] It is time to let individuals be alone with their God, and, at least this one day of the year, to accord that relationship the respect it deserves.

I ask forgiveness for allowing the meanness in me, the evil inclination in me, the wicked streak in me, to ridicule, hound, and bury the good.

I ask that readers forgive me my excesses. I invite our readers to take this opportunity, and offer apologies of their own".

G'mar Hatima Tova!

Alberto

20 settembre 2007

Bitahòn, ovvero sicurezza...

La sicurezza personale in Israele è senza dubbio un concetto complesso. Partendo dal presupposto che l'immagine che arriva in italia di questo paese è piuttosto distorta, va comunque detto la situazione geografica e soprattutto politica di Israele impone alla gente che vive qui delle regole e dei controlli che in Europa sono sconosciuti. Come qualcuno di voi già sa, ogni mattina, quando arrivo all'università, all'entrata dell'edificio dove lavoro l'agente di sicurezza che sta sulla porta mi chiede di aprire lo zaino e, constatata l'assenza di oggetti pericolosi (armi, esplosivo, etc...) mi passa il metal detector dietro la schiena e poi mi lascia entrare. Ormai ci ho fatto l'abitudine e la cosa non mi pesa affatto, dopotutto è la regola. Capita poi che se esco solo per qualche minuto, quando poi rientro non vengo sottoposto a nessun controllo. La stessa procedura avviene all'entrata di alcuni negozi, supermercati, centri commerciali, cinema, bar, etc... Strano però che (visti i numerosi precedenti) sugli autobus e sugli sherut non avvenga nessun tipo di controllo. C'è anche gente che evita di prendere l'autobus e predilige lo sherut perché considerato più sicuro. Ammetto di farlo anch'io ogni tanto. Va anche detto però che ad Haifa l'atmosfera è un pochino più rilassata che in altre zone del paese e che in città si respira regolarmente un'aria di normalità. Appena avrò l'occasione di visitare altre città, come Tel Aviv o Gerusalemme, saprò dirvi che aria tira da quelle parti.

Si fa presto l'abitudine anche alla vista di persone che girano armate. Oltre agli agenti di sicurezza e alla polizia regolare, si vedono giovani soldatelli muniti di mitraglioni più grandi di loro stravaccati nei parchi o alla fermata dell'autobus. E' comunque tutta gente che le armi le usa (ma speriamo che non le usi) per lavoro. Queste armi vengono portate con svogliatezza, con indolenza, ma sono comunque lì a testimonianza di uno stato di non completa tranquillità. Escludo da questa analisi i rambo-agenti appartenenti a corpi di vigilanza privata, sicuramente affetti da invidia del pene, che mostrano i loro ferri con orgoglio insieme ad altri mille orpelli come ricetrasmittenti, cellulari, muscoli, tatuaggi e facce dure ben sbarbate. Ma questi figuri esistono anche in Italia e non fanno storia.

Non riesco ancora a capire però se tutti questi controlli derivino più dalla percezione continua di un pericolo o dalla volontà delle autorità politiche (e anche universitarie, visto che qui i controlli vengono effettuati da un corpo privato dell'università) di far sentire le persone sicure e protette. In altre parole, questi controlli dovrebbero impensierirmi o tranquillizzarmi? In questo periodo sortiscono entrambi gli effetti. Quando guardo gli agenti fare il loro lavoro con l'indolenza tipica che chi svolge un'attività di routine mi chiedo se essi si aspettino veramente di trovare prima o poi qualcosa di sospetto in qualche borsa, se ogni tanto hanno paura anche loro, se il pericolo esista. Io mi auguro di non scoprirlo.

Alberto

PS: poco fa, durante una pausa, stavo per sedermi su un muretto all'esterno del mio edificio quando mi sono accorto che stavo per appoggiare il sedere su un proiettile di carabina dimenticato lì da chissà chi. Ho chiamato la guardia che se ne stava tranquilla seduta sul suo sgabellino all'ingresso e gli ho mostrato l'oggetto suppostiforme e luccicante. Con tranquillità, se l'è infilato in tasca per poi mostrarlo ai suoi colleghi dell'altra guardiola. Commentavano e ridevano. Ehehehe...
Questo fatto ha motivato il post di oggi. Ho pensato: sicurezza... si, sicurezza... sicurezza un paio di...

15 settembre 2007

Smarrimento temporale (e temporaneo)

E' passata poco più di una settimana dal mio arrivo in terra di Israele e da subito ho dovuto imparare che qui il tempo viene scandito secondo regole piuttosto diverse da quelle vigenti in Italia. Non mi riferisco al ritmo del lavoro, né alle due o tre lunghissime giornate passate qui a casa in solitudine che sembravano non avere fine. Sto parlando di differenze relative a quelle convenzioni che fin da piccoli ci vengono insegnate e che per molti di noi (me incluso) costituiscono delle certezze alle quali ogni tanto ci si aggrappa. Natale è sempre lo stesso giorno, il 25 dicembre. Lo stipendio arriva il 27 del mese e a scuola la campanella suona alle otto. Trenta dì conta novembre e via discorrendo...

Ma non in Israele.

Tutti voi ormai sanno che nei giorni scorsi c'è stato il capodanno ebraico e che quindi qui l'anno inizia a settembre. La settimana lavorativa qui inizia la domenica e finisce il giovedì, visto che è il sabato ad essere il giorno di festa. Anche questo alcuni di voi già lo sapevano. Pochi sanno invece che qui il giorno inizia ufficialmente al tramonto, quindi adesso è già domani. Ma questo non causa grossi problemi alla vita quotidiana, a meno che non si sia ebrei ortossi o che si voglia prendere un autobus di venerdì sera.
Ma l'ultima news in termini di sconvolgimento delle mie poche certezze è arrivata poco fa con una mail della mia prof israeliana, che molto gentilemnte mi ha salvato da smarrimento ed imbarazzo nella mattinata di domani e ha allungato di un'ora una delle mie attività preferite.

STANOTTE QUI RITORNA L'ORA SOLARE!

E quindi, fino al 28 ottobre avremo la stessa ora italiana! Olè!
Questo mi fa pensare ad una mattina nebbiosa a Padova, ai cancelli chiusi della facoltà di psicologia e ad un barista che mi accoglie con un sorriso ironico stampato sulle labbra...
E non dite che questo post lascia il tempo che trova.
Laila tov.

Alberto

Venerdì italiano

Stamattina sono uscito di casa con i migliori propositi. Volevo fare un giretto rapido all'Istituto Italiano di Cultura, giusto per farmi conoscere e per prendere contatti con gli italiani residenti, per poi tornare a casa e dedicare il pomeriggio allo studio. La mia visita all'istituto si è però prolungata per quasi tutta la mattinata; ho conosciuto Edoardo (il responsabile), Antonella e Gianmaria, i quali mi hanno dato delle preziose dritte sulla vita ad Haifa e mi hanno invitato a partecipare alle loro attività, facendomi sentire un po' più a casa. Unscito dall'istituto, sempre in compagnia dei miei migliori propositi, mi sono diretto verso un McDonalds (ebbene sì... ma mi giustifico dicendo che oggi era quasi tutto chiuso) per un pasto rapido prima di tornare a casa. Ma chi mi trovo in coda davanti a me? Chi? Chi se non Filippo e Rosanna, italians abroad come me, in visita alla città per un solo giorno? Filippo lavora per una società italiana che nel sud di Israele construisce metanodotti. Rosanna, la sua ragazza, è qui in visita per qualche settimana.
Mi presento, pranziamo insieme, e subito nasce quella simpatia tipica degli italiani all'estero. Decido di offrire loro la mia scarsa (ma efficace) conoscienza della città in cambio di una giornata da turista con loro. E loro accettano. Insieme abbiamo visitato la colonia tedesca, un quartiere in simpatico stile crucco nella parte bassa della città, ora sede di ottimi ristoranti di vario genere. Poi ci siamo diretti verso Carmel e, dopo un tentativo fallito di visitare il tempio Bahai, vero e quasi unico simbolo architettonico della città, ci siamo diretti verso il convento carmelitano di Stella Maris, dove c'è la grotta di Elia. Si dice che in questa spelonca, che ora si trova all'interno di una chiesetta cristiana, si fosse rifugiato il profeta Elia in fuga da non mi ricordo chi, e che la grotta sia luogo di pellegrinaggio fin dall'antichità, come testimoniano le numerose iscrizioni in varie lingue antiche sulle pareti della grotta. Stella Maris offre inoltre un panorama spettacolare sulla città. Dopo questa visita culturale ci siamo separati e ci siamo dati appuntamento la sera per cenare insieme. Abbiamo cenato in un ristorante che cucina principalmente crostacei e frutti di mare (non molto kosher, vero Rabbi?) in sderot Ben Gurion, nel centro della colonia tedesca. Mangiato e bevuto molto bene e speso relativamente poco (meno di 20 euro). Abbiamo concluso la serata con un caffè insieme a Carmel, nei pressi del loro albergo. Poi ci siamo salutati con la promessa di tenerci in contatto e io mi sono avviato verso il Bear Pub per una pinta di Guinness in solitaria prima di tornare a casa e scrivere questo post lungo ai limiti della decenza.
Forse ho rubato una giornata allo studio, ma sicuramente ho scoperto lati nuovi della mia città adottiva. E vi confesso che Haifa, vista con gli occhi di un italiano curioso, non è davvero niente male.
Laila tov a tutti voi.

a.

11 settembre 2007

Rosh haShana e 11 settembre

Come alcuni mi fanno notare, oggi è l'11 settembre. Scombussolato dai cambi nelle mie abitudini e dalle continue novità me ne ero completamente dimenticato. Anche perché qui oggi è un giorno particolare, ossia l'ultimo giorno dell'anno ebraico. Domani sera è Rosh haShana, ossia il capodanno ebraico. La conicidenza con l'11 settembre è solo casuale poiché, come Rabbi Oscar ben mi insegna, il calendario ebraico è di tipo lunare e non solare come il nostro. Inizia quindi l'anno 5768. Ora capisco i Righeira quando cantavano "L'estate sta finendo e un anno se ne va...". Ha molto più senso in Israele che nel resto del mondo... :-)
Come augurio per un buon anno, i ristoranti (compresa la mensa universitaria) offrono fette di mela con il miele sopra e tutti si augurano Shanà Tovà!, ossia Buon Anno! Nei prossimi giorni l'università sarà chiusa e quindi dovrò vedere un po' come organizzare il mio tempo. Domani sera però sarò invitato a casa di una collega per il 'cenone'! Chissà cosa si mangia...

Shanà Tovà a tutti!

a.

09 settembre 2007

Primo giorno di scuola

Come è consuetudine da queste parti, nonostante sia domenica, oggi è iniziata per me la settimana lavorativa. E oggi era anche il mio primo giorno all'Università di Haifa. La mattinata è cominciata con il problema di capire quale fosse l'autobus che porta da casa mia alla cima del monte Carmelo, dove l'università ha la sua sede (il 37, per la cronaca). Ma visto che questo Paese riserva ogni giorno delle sorprese, al posto dell'autobus stamattina ho preso uno sherut che fa lo stesso percorso. Spiego. Lo sherut (in ebraico 'servizio') è un pulmino a 10 posti molto utilizzato in Israele sia per gli spostamenti extraurbani che per quelli urbani. E' un servizio privato, simile al taxi, che affianca gli autobus della compagnia nazionale di trasporti (un paio di Sherut sono visibili nella prima foto). Funziona così: tu sei alla fermata dell'autobus aspettando il bus normale e improvvisamente arriva di corsa strombazzante e sfanalante il pulmino che sul vetro anteriore riporta il numero dell'autobus al quale sta rubando i clienti. Se decidi di finanziare l'imprenditoria al posto dello stato, metti fuori una mano e il pulmino si ferma, sali, dai 5 shekel (circa 85 centesimi) all'autista e si riparte a tutta velocità. La scena si ripete per tutte le successive fermate del bus.
Dopo circa 40 minuti nel traffico più caotico ho raggiunto l'università con un leggero senso di mal di mare causato dalle numerose curve e dalla velocità dello sherut. Ho fatto colazione a cappuccino e brioche e mi sono rimesso a posto lo stomaco. Poi c'è stato il benvenuto all'istituto dove "lavoro", il quale ha un nome lunghissimo ma si abbrevia in CRI (non è la croce rossa!).
Il posto è molto fico: è tutto nuovo (vedi foto) e ben organizzato. Peccato che ovunque ci sia l'aria condizionata al massimo: in ufficio ci sono gli stessi gradi che ci sono nel vostro frigo (purtroppo non c'è campanellino che mi offre la Philadelphia) conto i 30 gradi esterni. Il mio intestino in rivolta ringrazia sentitamente.
Il primo giorno di scuola è volato tranquillamente, nonostante il lavoro che già mi tocca sbrigare. Fa parte del gioco...
Il ritorno a casa ho deciso di farlo servendomi di un autobus regolare (che per la cronaca costa mezzo shekel in più dello sherut!) e l'effetto delle continue frenate, curve, accelerazioni senza motivo, permane tutt'ora... cambiano i mezzi ma gli autisti sono sempre gli stessi criminali...
Per domani mi aspetto la stessa storia, e così per tutti i prossimi mesi. Sulla strada che porta all'università si passa per un quartiere (Carmel) che a prima vista mi piace molto, un po' più borghese di quello nel quale vivo (Hadar, del quale vi parlerò), ma sicuramente con più vita. Oltre ad essere più vicino all'università sembra anche un po' più divertente da vivere. Magari ci faccio un pensierino per il futuro...
Lehitraòt!

a.

08 settembre 2007

Shalom shalom!

Ecco qui un primo post da Haifa. Con questo non sto dicendo che scriverò regolarmente, ma potrebbe essere un buon inizio, nonostante la mia proverbiale pigrizia ed incostanza. Quella che vedete nella foto è la vista dal mio balcone. Non male, vero?
In questi giorni fa davvero caldo e quindi me ne sto rintanato in casa il più possibile. Da domani comincia la vita universitaria e quindi mi toccherà sgobbare un po'... uffa, ci stavo così bene in questa atmosfera da simil-vancanza al mare...
Adesso ritorno al riposo, dopotutto oggi è shabbat...

Lehitraòt!

Alberto