La sicurezza personale in Israele è senza dubbio un concetto complesso. Partendo dal presupposto che l'immagine che arriva in italia di questo paese è piuttosto distorta, va comunque detto la situazione geografica e soprattutto politica di Israele impone alla gente che vive qui delle regole e dei controlli che in Europa sono sconosciuti. Come qualcuno di voi già sa, ogni mattina, quando arrivo all'università, all'entrata dell'edificio dove lavoro l'agente di sicurezza che sta sulla porta mi chiede di aprire lo zaino e, constatata l'assenza di oggetti pericolosi (armi, esplosivo, etc...) mi passa il metal detector dietro la schiena e poi mi lascia entrare. Ormai ci ho fatto l'abitudine e la cosa non mi pesa affatto, dopotutto è la regola. Capita poi che se esco solo per qualche minuto, quando poi rientro non vengo sottoposto a nessun controllo. La stessa procedura avviene all'entrata di alcuni negozi, supermercati, centri commerciali, cinema, bar, etc... Strano però che (visti i numerosi precedenti) sugli autobus e sugli sherut non avvenga nessun tipo di controllo. C'è anche gente che evita di prendere l'autobus e predilige lo sherut perché considerato più sicuro. Ammetto di farlo anch'io ogni tanto. Va anche detto però che ad Haifa l'atmosfera è un pochino più rilassata che in altre zone del paese e che in città si respira regolarmente un'aria di normalità. Appena avrò l'occasione di visitare altre città, come Tel Aviv o Gerusalemme, saprò dirvi che aria tira da quelle parti.
Si fa presto l'abitudine anche alla vista di persone che girano armate. Oltre agli agenti di sicurezza e alla polizia regolare, si vedono giovani soldatelli muniti di mitraglioni più grandi di loro stravaccati nei parchi o alla fermata dell'autobus. E' comunque tutta gente che le armi le usa (ma speriamo che non le usi) per lavoro. Queste armi vengono portate con svogliatezza, con indolenza, ma sono comunque lì a testimonianza di uno stato di non completa tranquillità. Escludo da questa analisi i rambo-agenti appartenenti a corpi di vigilanza privata, sicuramente affetti da invidia del pene, che mostrano i loro ferri con orgoglio insieme ad altri mille orpelli come ricetrasmittenti, cellulari, muscoli, tatuaggi e facce dure ben sbarbate. Ma questi figuri esistono anche in Italia e non fanno storia.
Non riesco ancora a capire però se tutti questi controlli derivino più dalla percezione continua di un pericolo o dalla volontà delle autorità politiche (e anche universitarie, visto che qui i controlli vengono effettuati da un corpo privato dell'università) di far sentire le persone sicure e protette. In altre parole, questi controlli dovrebbero impensierirmi o tranquillizzarmi? In questo periodo sortiscono entrambi gli effetti. Quando guardo gli agenti fare il loro lavoro con l'indolenza tipica che chi svolge un'attività di routine mi chiedo se essi si aspettino veramente di trovare prima o poi qualcosa di sospetto in qualche borsa, se ogni tanto hanno paura anche loro, se il pericolo esista. Io mi auguro di non scoprirlo.
Alberto
PS: poco fa, durante una pausa, stavo per sedermi su un muretto all'esterno del mio edificio quando mi sono accorto che stavo per appoggiare il sedere su un proiettile di carabina dimenticato lì da chissà chi. Ho chiamato la guardia che se ne stava tranquilla seduta sul suo sgabellino all'ingresso e gli ho mostrato l'oggetto suppostiforme e luccicante. Con tranquillità, se l'è infilato in tasca per poi mostrarlo ai suoi colleghi dell'altra guardiola. Commentavano e ridevano. Ehehehe...
Questo fatto ha motivato il post di oggi. Ho pensato: sicurezza... si, sicurezza... sicurezza un paio di...
3 commenti:
ciao! secondo te non esiste una terza ipotesi (oltre a "percezione continua di un pericolo e ...volontà delle autorità di far sentire le persone sicure e protette"), ovvero quella di "far sentire alle persone che il pericolo è sempre in agguato"? un clima di guerra giustifica azioni che altrimenti sarebbero inaccettabili.. o ti sembra fantapolitica? tu che sei lì puoi sicuramente avere un punto di vista nuovo..
Effettivamente questa terza ipotesi esiste. Confesso di non averla considerata, come spesso accade quando un fenomeno ce l'hai talmente sotto gli occhi e per qualche ragione non riesci a scorgerlo. Forse però è proprio questo il punto: questa "terza ipotesi" rimane mascherata ma non è meno forte delle altre due. Non si tratta di fantapolitica: la stessa cosa succede in altri paesi, primi tra tutti gli Stati Uniti, ma anche in Italia esistono meccanismi affini. Si veda ad esempio la campagna sulla sicurezza che Berlusconi e la sua coalizione hanno portato avanti prima delle elezioni che poi avrebbero vinto. E' documentato che, finita la campagna, televisioni e giornali hanno ridotto drasticamente il numero di notizie riguardanti la criminalità urbana, quando il fenomeno reale non credo sia cambiato di molto. Quello che conta insomma è che cambi la percezione del rischio, e poco importa quanto questo rischio sia concreto. Quindi sono d'accordo che la politica della sicurezza in Israele abbia anche la finalità di condizionare (o manipolare?) l'opinione pubblica, ma in ogni caso, sapere che nei luoghi che frequento non entrano armi ed esplosivo grazie a questi controlli, mi fa sentire un po' più tranquillo. Per quanto questi controlli siano alle volte sommari e per quanto una compresione del rischio reale sia piuttosto difficile per le persone comuni.
Guarda che quei poliziotti ridevano di te, mica di altro; avranno pensato che sei un rammollito, cosa vuoi mai che sia una cartuccia di non so cosa appoggiata su un muretto? Hai presente come erano (e sono ancora, immagino) i giardini in Corso Garibaldi a Padova? Altro che munizioni abbandonate!
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