02 dicembre 2007

Notizie dalla Repubblica...

Ciao a tutti. Per una volta non scrivo qualcosa che abbia a che vedere con la mia vita qui in Israele. Oggi ce l'ho un po' con "la Repubblica", che in questi ultimi giorni, in un paio di occasioni, mi ha stupito per la poca cura con la quale ha fornito alcune notizie. Non so se si tratti di semplice superficialità (cosa che dopotutto mi auguro) oppure di deliberata volontà di colpire i lettori con le notizie. In entrambi i casi rimane il mio disappunto per questo atteggiamento da parte dal giornale che ritengo la mia principale fonte di informazione sull'Italia e sul mondo mentre mi trovo qui.

La prima notizia, risalente a qualche giorno fa, riguarda uno spot andato in onda durante la partita Nigeria-Svizzera che viene definito dall'autore dell'articolo "una campagna anti-stranieri". In realtà, guardando il video, ho avuto l'impressione che non si tratti esattamente di questo. Lo spot, che si conclude con le parole "don't believe everything you hear", secondo me ha il semplice obiettivo di mettere in guardia contro le illusioni che una società lontana e ricca come la nostra può creare, ma soprattutto contro chi, facendo leva su queste illusioni, mette in moto un meccanismo che spesso sfocia nello sfruttamento della prostituzione e del lavoro illegale. Quindi la sottointesa accusa di razzismo elvetico almeno in questo caso secondo me è inappropriata. Che poi la Svizzera abbia preso una brutta piega, queso è un altro paio di maniche....

La seconda notizia invece riguarda il regista tunisino Moshen Melliti, esiliato nel nostro paese da parecchi anni. Di lui viene detto che "non ha mai potuto assistere alle proiezioni del suo lavoro all'estero". Questa è una balla colossale, visto che io Melliti l'ho visto di persona presentare il suo film al Festival del Cinema di Haifa. E l'ingresso in Israele non è proprio uno dei più facili da ottenere, soprattutto se si è senza passaporto. In più l'articolo parla di una lettera inviata al presidente della Repubblica in cui si esprime sconcerto per il fatto che Melliti, dopo tanti anni nel nostro paese, sia ancora apolide. Tra i numerosi firmatari ci sono alcuni noti registi e produttori italiani anch'essi presenti al festival del cinema ad Haifa. Mi sa che loro ci sono anche andati a cena con Melliti. Se mi impegno posso anche dirvi il nome del ristorante. Nessuna obiezione da parte mia sull'eventuale passaporto italiano per il regista tunisino. E ben vengano le sollevazioni dei colleghi per sveltire la pratica. Mi sta meno simpatico invece il fatto che a volte le notizie vengano confezionate in articoli che fanno volutamente leva sui sentimenti, nel nome di un giornalismo impegnato, anche a scapito dell'accuratezza dell'informazione.

Laila super-tov!

a.

20 novembre 2007

Concorso a premi

E' un po' di tempo che sto pensando di scrivere questo post. Varie cose, tra le quali la mia pigrizia e la visita del nostro Rabbi, mi hanno fin'ora impedito di realizzarlo, ma ora eccolo qui. Si tratta di un concorso a premi. Tutti voi (sebbene non siate così numerosi) siete invitati a partecipare.

Tutto inizia con un furgoncino alquanto appariscente (e forse anche inquietante) che spesso è parcheggiato nella strada in cui vivevo fino a qualche settimana fa. Potete osservarlo nella foto, sta a voi giudicare. Andando all'università ci passavo davanti tutte le mattine e ogni sera, al mio rientro, il furgoncino giallo era sempre al suo posto, con il personaggio bizzarro raffigurato sulla fiancata che mi guarda severo. Giorno dopo giorno, la mia curiosità mi ha portato a formulare delle ipotesi su quale senso potesse avere tale veicolo e queste ipotesi, nella mia testa, si sono trasformate in altrettante storie, una delle quali ha prevalso. Ma non ve la racconto ora, perché qui entrate in gioco voi. Vi invito ad osservare la foto e a pensare una storia che giustifichi l'esistenza dell'ormai mitico furgoncino giallo, nonché del personaggio raffigurato su di esso. Vince chi fornisce la storia più divertente. Qual'è il premio? Beh, devo ancora pensarci, ma c'è ampio spazio di contrattazione con il vincitore. In più, come premio di partecipazione regalerò presto a tutti voi un video divertente da me girato che ha molto a che fare con il soggetto di questo concorso.


Nel frattempo, grazie a Nir e Rinat, ho scoperto la verità e ora conosco la vera funzione del furgoncino giallo, ma anche questo rimane per ora un segreto. Ovviamente Oscar non può partecipare al concorso, visto che ormai conosce tutta la storia.

Spremetevi le meningi e facciamoci ridere. In bocca alo lupo!

Alberto

12 novembre 2007

Oggi

Oggi sono arrivato tardi all'università. Oggi ho dormito un paio di ore di più perché ieri sera ho fatto tardi (lavorando, non divertendomi). Oggi ho avuto una riunione, fin'ora, e probabilmente ne avrò un'altra più tardi. Oggi non sono riuscito a chiamare il ministero dell'interno israeliano per prolungare il mio visto perché loro sono aperti al pubblico solo quattro ore al giorno (così pare). Oggi peso 82 chilogrammi. Oggi c'è il sole ma fa abbastanza freddo. L'autunno è iniziato improvvisamente e dopotutto non mi dispiace affatto. Oggi ho addosso gli stessi pantaloni che avevo ieri e anche l'altro ieri. Oggi manca un giorni all'arrivo di Oscar e penso già a come fargli trascorrere una vacanza piacevole in Israele. Oggi mangerò al ristorante cinese dell'università e poi berrò il mio solito caffè da Greg. Oggi continua lo sciopero dei professori e quindi l'università è semi-deserta. Oggi ho realizzato che le parole yishuv (insediamento), shabbat (sabato) e leShevet (sedersi) hanno la stessa radice. Oggi venendo all'università ascoltavo nell' ipod i Dag Nahash e mi sentivo un po' più israeliano del solito. Oggi aspetto la risposta per presentare un mio lavoro ad una conferenza, speriamo sia positiva. Oggi spero di riuscire a fare un po' di spesa prima di arrivare a casa. Oggi sto bene.

26 ottobre 2007

Casa dolce casa

C'era una volta quello che mi voleva affittare camera sua e voleva andare a dormire in uno stanzino minuscolo. C'erano quelli che non parlavano inglese. C'era la tipa che, con il suo macchinone e i suoi gioielli, mi ha fatto illudere che il posto fosse qualcosa di meglio di un garage buio sul retro di una casa. C'era quello che lo stava ancora ristrutturando, ma che una volta completo sarebbe stato bellissimo. Ce n'era uno con una vista incredibile sulla baia, ma assolutamente vuoto. E caro. C'era la stanza di Moriya, che se l'avessi presa forse non sarebbe stato poi così male. C'erano le due matricole che cercavano un terzo per dividere le spese. C'era Boraz, ricchissimo bastardo che non si è fatto più sentire. C'era il mitico Doron, che mi ha invitato a pranzo prima di mostrarmi l'appartamento. C'erano quelli, ed erano molti, che per meno di 12 mesi non se ne parla. E infine c'erano Eran e Shaha, ai quali mi è dispiaciuto dire di no.


E' stata una lunga ricerca, con momenti tendenti asintoticamente alla disperazione, ma anche con situazioni divertenti e paradossali. Ho girato Haifa in lungo e in largo e ho conosciuto meglio i suoi quartieri. Ora conosco i nomi delle vie e non mi perdo (quasi) più. Ho conosciuto persone così disponibili a capire la mia situazione di studente all'estero per sei mesi, con nessuna conoscenza dell'ebraico, non particolarmente ricco, che per Natale quasi quasi gli brucerei la macchina, brutti figli di puttana. Ho conosciuto però anche delle persone stupende, che con ogni probabilità diventeranno amici, e nei loro sorrisi sinceri leggo la voglia di incontrare la mia cultura e ascoltare quello che ho da raccontare.

E poi sono comparsi Tomi e Anna e ho capito che finalmente avrei avuto una casa. Una stanza tutta mia. Senza la vista mozzafiato che avevo fin'ora, ma in compenso nel quartiere più bello di Haifa, più vicino all'università rispetto a prima, a due passi da Kikar Sefer, la piazza attorno alla quale si trovano numerosi bar e ristoranti, uno dei centri della vita notturna. Ho la connessione ad internet e la lavatrice (mia vera preoccupazione di queste settimane) e un po' alla volta riuscirò a personalizzare questo mio spazio. Qualcuno può prestarmi un tavolo?

Dei miei coinquilini vi parlo un'altra volta. La prima impressione è ottima ma prima di buttarmi in giudizi spassionati preferisco aspettare qualche giorno. Vi dico solo che sono di Budapest e come me si fermeranno qui fino alla fine di febbraio. Loro fanno parte della International School e hanno già un giro di amicizie non guasta assolutamente. Ieri sera eravamo ad una festa a casa di una loro amica. C'erano ungheresi, spagnoli, un polacco, un canadese, un paio di israeliani, una tedesca, una danese, e il sottoscritto munito di bottiglia di birra goldstar da 0,50. Ho la vaga sensazione che tutto ciò mi ricordi qualcosa...

15 ottobre 2007

Piccole abitudini quotidiane

Inutile negarlo, nonostante le mille piccole differenze tra lo stile di vita italiano e quello israeliano, rimango pur sempre un italiano all'estero e quindi cerco di non negarmi alcuni "fondamentali" quotidiani dell'italian way of life. Primo tra tutti il caffè dopo pranzo. Le mie abitudini alimentari si stanno piano piano adattando alla cucina locale. Comincio ad apprezzare i cibi della mensa anche se alle volte scelgo delle combinazioni di pietanze che sorprendono chi mi sta servendo; mi guardano con una faccia come per dire: contento tu. Altre volte invece, dopo aver riempito il piatto con varie cose, raggiungendo una quantità soddifacente di cibo, mi viene chiesto: "Tutto qui? Sicuro che non mangi altro?". Da un lato mi sento ferito nel mio orgoglio di mangione senza fondo, dall'altro faccio la figura di chi vuole mantenere un contegno (vista la pancia) e me ne vado al mio tavolo con il vassoio in mano ridacchiando sotto i baffi...

Ma veniamo al caffè. Le paroline magiche sono: Ahad espresso, katzar, b'vakashà. Ormai ordino il mio caffè in ebraico (quasi) con disinvoltura e un po' alla volta le cameriere del Greg Café (a detta di tutti il miglior bar dell'università) hanno capito che quando dico ristretto (katzar = corto) intendo dire mooolto ristretto. Con un meccanismo di prove ed errori sono riuscito ad ottenere un caffè molto simile a quello italiano. Ogni giorno prendo la mia tazzina e mi siedo ad uno dei tavolini esterni del Greg, sotto il porticato dell'università. Tutto questo ha una sua evidente ritualità alla quale mi risulta difficile rinunciare. Sono solo cinque minuti ai quali però non viene attribuito da parte degli israeliani lo stesso valore che hanno per me. Spesso quindi sono da solo. Ma almeno in questo piccolo rito, la solitudine non mi dispiace affatto. Come John Goodman ne Il Grande Lebowski: "Io resto qui, a bere il mio caffè, a gustare il mio caffè...".

06 ottobre 2007

Risponditi da solo, hai tutti gli elementi per farlo...

Con la sua frase per me più famosa, voglio ricordare la prof. Paola Montanari, mia insegnante di matematica al liceo che se ne è andata in questi giorni. Di lei mi ricordo le camicette a fiorellini, il modo in cui reggeva il registro mentre entrava in classe e i suoi modi educati e materni. Di me ricordo l'incorreggibile disordine mentale (che tutt'ora persiste), il quaderno di matematica fatto di fogli sparsi e la paura delle sue interrogazioni. E c'è ancora chi puntualmente mi ricorda che le formule di prostaferesi noi non le abbiamo mai studiate, ma che in fondo i miei problemi avrei potuto risolverli anche in altro modo. Dopotutto, ho tutti gli elementi per farlo.

Arrivederci Prof.

Alberto

23 settembre 2007

Yom Kippur

Vi confesso che ero tentato di lasciare bianco questo spazio, scrivendo solo il titolo del post, per cogliere davvero l'essenza di Yom Kippur, una delle più importanti feste ebraiche. Nessuna parola per descrivere come il mondo qui si paralizzi per ventiquattro ore, per cogliere il silenzio che regnava ieri in città. Yom Kippur è un momento per riflettere sulle proprie azioni durante l'anno appena trascorso e chiedere perdono per i propri errori. Colgo quindi l'occasione per chiedere scusa a tutte le persone che durante quest'anno hanno sopportato la mia proverbiale scarsa puntualità, che hanno convissuto con il mio egoismo e la mia eterna indecisione, che hanno deciso di non allontanarmi da loro nonostante la mia pigrizia e la mia poca determinazione. Mi scuso ovviamente anche per i post troppo prolissi di questo blog, alle volte davvero troppo lunghi (e noiosi?) per essere apprezzati (per una volta non si tratta di captatio benevolentiae). Insomma, mi scuso un po' per tutto.

Concludo citando Bradley Burston, un giornalista che su Ha'aretz tiene una rubrica di opinione chiamata "A Special Place in Hell", che ho cominciato a leggere con discreta regolarità.

"It is Yom Kippur. It is time to lay anger aside. It is time [...] to shelve slander, scorn, ridicule, and baseless hatred.

It is Yom Kippur. [...] It is time to let individuals be alone with their God, and, at least this one day of the year, to accord that relationship the respect it deserves.

I ask forgiveness for allowing the meanness in me, the evil inclination in me, the wicked streak in me, to ridicule, hound, and bury the good.

I ask that readers forgive me my excesses. I invite our readers to take this opportunity, and offer apologies of their own".

G'mar Hatima Tova!

Alberto

20 settembre 2007

Bitahòn, ovvero sicurezza...

La sicurezza personale in Israele è senza dubbio un concetto complesso. Partendo dal presupposto che l'immagine che arriva in italia di questo paese è piuttosto distorta, va comunque detto la situazione geografica e soprattutto politica di Israele impone alla gente che vive qui delle regole e dei controlli che in Europa sono sconosciuti. Come qualcuno di voi già sa, ogni mattina, quando arrivo all'università, all'entrata dell'edificio dove lavoro l'agente di sicurezza che sta sulla porta mi chiede di aprire lo zaino e, constatata l'assenza di oggetti pericolosi (armi, esplosivo, etc...) mi passa il metal detector dietro la schiena e poi mi lascia entrare. Ormai ci ho fatto l'abitudine e la cosa non mi pesa affatto, dopotutto è la regola. Capita poi che se esco solo per qualche minuto, quando poi rientro non vengo sottoposto a nessun controllo. La stessa procedura avviene all'entrata di alcuni negozi, supermercati, centri commerciali, cinema, bar, etc... Strano però che (visti i numerosi precedenti) sugli autobus e sugli sherut non avvenga nessun tipo di controllo. C'è anche gente che evita di prendere l'autobus e predilige lo sherut perché considerato più sicuro. Ammetto di farlo anch'io ogni tanto. Va anche detto però che ad Haifa l'atmosfera è un pochino più rilassata che in altre zone del paese e che in città si respira regolarmente un'aria di normalità. Appena avrò l'occasione di visitare altre città, come Tel Aviv o Gerusalemme, saprò dirvi che aria tira da quelle parti.

Si fa presto l'abitudine anche alla vista di persone che girano armate. Oltre agli agenti di sicurezza e alla polizia regolare, si vedono giovani soldatelli muniti di mitraglioni più grandi di loro stravaccati nei parchi o alla fermata dell'autobus. E' comunque tutta gente che le armi le usa (ma speriamo che non le usi) per lavoro. Queste armi vengono portate con svogliatezza, con indolenza, ma sono comunque lì a testimonianza di uno stato di non completa tranquillità. Escludo da questa analisi i rambo-agenti appartenenti a corpi di vigilanza privata, sicuramente affetti da invidia del pene, che mostrano i loro ferri con orgoglio insieme ad altri mille orpelli come ricetrasmittenti, cellulari, muscoli, tatuaggi e facce dure ben sbarbate. Ma questi figuri esistono anche in Italia e non fanno storia.

Non riesco ancora a capire però se tutti questi controlli derivino più dalla percezione continua di un pericolo o dalla volontà delle autorità politiche (e anche universitarie, visto che qui i controlli vengono effettuati da un corpo privato dell'università) di far sentire le persone sicure e protette. In altre parole, questi controlli dovrebbero impensierirmi o tranquillizzarmi? In questo periodo sortiscono entrambi gli effetti. Quando guardo gli agenti fare il loro lavoro con l'indolenza tipica che chi svolge un'attività di routine mi chiedo se essi si aspettino veramente di trovare prima o poi qualcosa di sospetto in qualche borsa, se ogni tanto hanno paura anche loro, se il pericolo esista. Io mi auguro di non scoprirlo.

Alberto

PS: poco fa, durante una pausa, stavo per sedermi su un muretto all'esterno del mio edificio quando mi sono accorto che stavo per appoggiare il sedere su un proiettile di carabina dimenticato lì da chissà chi. Ho chiamato la guardia che se ne stava tranquilla seduta sul suo sgabellino all'ingresso e gli ho mostrato l'oggetto suppostiforme e luccicante. Con tranquillità, se l'è infilato in tasca per poi mostrarlo ai suoi colleghi dell'altra guardiola. Commentavano e ridevano. Ehehehe...
Questo fatto ha motivato il post di oggi. Ho pensato: sicurezza... si, sicurezza... sicurezza un paio di...

15 settembre 2007

Smarrimento temporale (e temporaneo)

E' passata poco più di una settimana dal mio arrivo in terra di Israele e da subito ho dovuto imparare che qui il tempo viene scandito secondo regole piuttosto diverse da quelle vigenti in Italia. Non mi riferisco al ritmo del lavoro, né alle due o tre lunghissime giornate passate qui a casa in solitudine che sembravano non avere fine. Sto parlando di differenze relative a quelle convenzioni che fin da piccoli ci vengono insegnate e che per molti di noi (me incluso) costituiscono delle certezze alle quali ogni tanto ci si aggrappa. Natale è sempre lo stesso giorno, il 25 dicembre. Lo stipendio arriva il 27 del mese e a scuola la campanella suona alle otto. Trenta dì conta novembre e via discorrendo...

Ma non in Israele.

Tutti voi ormai sanno che nei giorni scorsi c'è stato il capodanno ebraico e che quindi qui l'anno inizia a settembre. La settimana lavorativa qui inizia la domenica e finisce il giovedì, visto che è il sabato ad essere il giorno di festa. Anche questo alcuni di voi già lo sapevano. Pochi sanno invece che qui il giorno inizia ufficialmente al tramonto, quindi adesso è già domani. Ma questo non causa grossi problemi alla vita quotidiana, a meno che non si sia ebrei ortossi o che si voglia prendere un autobus di venerdì sera.
Ma l'ultima news in termini di sconvolgimento delle mie poche certezze è arrivata poco fa con una mail della mia prof israeliana, che molto gentilemnte mi ha salvato da smarrimento ed imbarazzo nella mattinata di domani e ha allungato di un'ora una delle mie attività preferite.

STANOTTE QUI RITORNA L'ORA SOLARE!

E quindi, fino al 28 ottobre avremo la stessa ora italiana! Olè!
Questo mi fa pensare ad una mattina nebbiosa a Padova, ai cancelli chiusi della facoltà di psicologia e ad un barista che mi accoglie con un sorriso ironico stampato sulle labbra...
E non dite che questo post lascia il tempo che trova.
Laila tov.

Alberto

Venerdì italiano

Stamattina sono uscito di casa con i migliori propositi. Volevo fare un giretto rapido all'Istituto Italiano di Cultura, giusto per farmi conoscere e per prendere contatti con gli italiani residenti, per poi tornare a casa e dedicare il pomeriggio allo studio. La mia visita all'istituto si è però prolungata per quasi tutta la mattinata; ho conosciuto Edoardo (il responsabile), Antonella e Gianmaria, i quali mi hanno dato delle preziose dritte sulla vita ad Haifa e mi hanno invitato a partecipare alle loro attività, facendomi sentire un po' più a casa. Unscito dall'istituto, sempre in compagnia dei miei migliori propositi, mi sono diretto verso un McDonalds (ebbene sì... ma mi giustifico dicendo che oggi era quasi tutto chiuso) per un pasto rapido prima di tornare a casa. Ma chi mi trovo in coda davanti a me? Chi? Chi se non Filippo e Rosanna, italians abroad come me, in visita alla città per un solo giorno? Filippo lavora per una società italiana che nel sud di Israele construisce metanodotti. Rosanna, la sua ragazza, è qui in visita per qualche settimana.
Mi presento, pranziamo insieme, e subito nasce quella simpatia tipica degli italiani all'estero. Decido di offrire loro la mia scarsa (ma efficace) conoscienza della città in cambio di una giornata da turista con loro. E loro accettano. Insieme abbiamo visitato la colonia tedesca, un quartiere in simpatico stile crucco nella parte bassa della città, ora sede di ottimi ristoranti di vario genere. Poi ci siamo diretti verso Carmel e, dopo un tentativo fallito di visitare il tempio Bahai, vero e quasi unico simbolo architettonico della città, ci siamo diretti verso il convento carmelitano di Stella Maris, dove c'è la grotta di Elia. Si dice che in questa spelonca, che ora si trova all'interno di una chiesetta cristiana, si fosse rifugiato il profeta Elia in fuga da non mi ricordo chi, e che la grotta sia luogo di pellegrinaggio fin dall'antichità, come testimoniano le numerose iscrizioni in varie lingue antiche sulle pareti della grotta. Stella Maris offre inoltre un panorama spettacolare sulla città. Dopo questa visita culturale ci siamo separati e ci siamo dati appuntamento la sera per cenare insieme. Abbiamo cenato in un ristorante che cucina principalmente crostacei e frutti di mare (non molto kosher, vero Rabbi?) in sderot Ben Gurion, nel centro della colonia tedesca. Mangiato e bevuto molto bene e speso relativamente poco (meno di 20 euro). Abbiamo concluso la serata con un caffè insieme a Carmel, nei pressi del loro albergo. Poi ci siamo salutati con la promessa di tenerci in contatto e io mi sono avviato verso il Bear Pub per una pinta di Guinness in solitaria prima di tornare a casa e scrivere questo post lungo ai limiti della decenza.
Forse ho rubato una giornata allo studio, ma sicuramente ho scoperto lati nuovi della mia città adottiva. E vi confesso che Haifa, vista con gli occhi di un italiano curioso, non è davvero niente male.
Laila tov a tutti voi.

a.

11 settembre 2007

Rosh haShana e 11 settembre

Come alcuni mi fanno notare, oggi è l'11 settembre. Scombussolato dai cambi nelle mie abitudini e dalle continue novità me ne ero completamente dimenticato. Anche perché qui oggi è un giorno particolare, ossia l'ultimo giorno dell'anno ebraico. Domani sera è Rosh haShana, ossia il capodanno ebraico. La conicidenza con l'11 settembre è solo casuale poiché, come Rabbi Oscar ben mi insegna, il calendario ebraico è di tipo lunare e non solare come il nostro. Inizia quindi l'anno 5768. Ora capisco i Righeira quando cantavano "L'estate sta finendo e un anno se ne va...". Ha molto più senso in Israele che nel resto del mondo... :-)
Come augurio per un buon anno, i ristoranti (compresa la mensa universitaria) offrono fette di mela con il miele sopra e tutti si augurano Shanà Tovà!, ossia Buon Anno! Nei prossimi giorni l'università sarà chiusa e quindi dovrò vedere un po' come organizzare il mio tempo. Domani sera però sarò invitato a casa di una collega per il 'cenone'! Chissà cosa si mangia...

Shanà Tovà a tutti!

a.

09 settembre 2007

Primo giorno di scuola

Come è consuetudine da queste parti, nonostante sia domenica, oggi è iniziata per me la settimana lavorativa. E oggi era anche il mio primo giorno all'Università di Haifa. La mattinata è cominciata con il problema di capire quale fosse l'autobus che porta da casa mia alla cima del monte Carmelo, dove l'università ha la sua sede (il 37, per la cronaca). Ma visto che questo Paese riserva ogni giorno delle sorprese, al posto dell'autobus stamattina ho preso uno sherut che fa lo stesso percorso. Spiego. Lo sherut (in ebraico 'servizio') è un pulmino a 10 posti molto utilizzato in Israele sia per gli spostamenti extraurbani che per quelli urbani. E' un servizio privato, simile al taxi, che affianca gli autobus della compagnia nazionale di trasporti (un paio di Sherut sono visibili nella prima foto). Funziona così: tu sei alla fermata dell'autobus aspettando il bus normale e improvvisamente arriva di corsa strombazzante e sfanalante il pulmino che sul vetro anteriore riporta il numero dell'autobus al quale sta rubando i clienti. Se decidi di finanziare l'imprenditoria al posto dello stato, metti fuori una mano e il pulmino si ferma, sali, dai 5 shekel (circa 85 centesimi) all'autista e si riparte a tutta velocità. La scena si ripete per tutte le successive fermate del bus.
Dopo circa 40 minuti nel traffico più caotico ho raggiunto l'università con un leggero senso di mal di mare causato dalle numerose curve e dalla velocità dello sherut. Ho fatto colazione a cappuccino e brioche e mi sono rimesso a posto lo stomaco. Poi c'è stato il benvenuto all'istituto dove "lavoro", il quale ha un nome lunghissimo ma si abbrevia in CRI (non è la croce rossa!).
Il posto è molto fico: è tutto nuovo (vedi foto) e ben organizzato. Peccato che ovunque ci sia l'aria condizionata al massimo: in ufficio ci sono gli stessi gradi che ci sono nel vostro frigo (purtroppo non c'è campanellino che mi offre la Philadelphia) conto i 30 gradi esterni. Il mio intestino in rivolta ringrazia sentitamente.
Il primo giorno di scuola è volato tranquillamente, nonostante il lavoro che già mi tocca sbrigare. Fa parte del gioco...
Il ritorno a casa ho deciso di farlo servendomi di un autobus regolare (che per la cronaca costa mezzo shekel in più dello sherut!) e l'effetto delle continue frenate, curve, accelerazioni senza motivo, permane tutt'ora... cambiano i mezzi ma gli autisti sono sempre gli stessi criminali...
Per domani mi aspetto la stessa storia, e così per tutti i prossimi mesi. Sulla strada che porta all'università si passa per un quartiere (Carmel) che a prima vista mi piace molto, un po' più borghese di quello nel quale vivo (Hadar, del quale vi parlerò), ma sicuramente con più vita. Oltre ad essere più vicino all'università sembra anche un po' più divertente da vivere. Magari ci faccio un pensierino per il futuro...
Lehitraòt!

a.

08 settembre 2007

Shalom shalom!

Ecco qui un primo post da Haifa. Con questo non sto dicendo che scriverò regolarmente, ma potrebbe essere un buon inizio, nonostante la mia proverbiale pigrizia ed incostanza. Quella che vedete nella foto è la vista dal mio balcone. Non male, vero?
In questi giorni fa davvero caldo e quindi me ne sto rintanato in casa il più possibile. Da domani comincia la vita universitaria e quindi mi toccherà sgobbare un po'... uffa, ci stavo così bene in questa atmosfera da simil-vancanza al mare...
Adesso ritorno al riposo, dopotutto oggi è shabbat...

Lehitraòt!

Alberto

16 gennaio 2007

Nuovi appuntamenti Dillingers



Ciao a voi tutti che leggete questo blog, che poi siete un numero inferiore a 5. Tanto perché stasera non avevo proprio niente da fare, ho pensato di ricordarvi i prossimi appuntamenti musicali con i fantastici dillingers.

Suoneremo venerdì 2 febbraio alla cantinola

e poi probabilmente riprenderà (dalla settimana successiva) il consueto appuntamento con i concerti del venerdì sera alla stalla. Ogni tanto suonano solo fabrizio e marco (come da foto), altre volte anche io e il batterista-percussionista-comicoesilerante-fantasmaformaggino Maurizio.

a presto.

a.